martedì 15 luglio 2008

Sul caso Del Turco e sui valori costituzionali

Ho avuto modo di conoscere il presidente Del Turco in occasione delle elezioni europee del 2004. Seppur avendo avuto modo di parlargli per pochissimo tempo mi sembra strano che un uomo della sua statura morale e umana possa aver commesso atti talmente stupidi. Inoltre per portare con se otto senatori dello SDI (!?!) cifra incredibilmente alta per la forza politica dell'allora partito di Boselli.

Lasciando perdere questi elementi sul merito della vicenda - che dovrebbero toccare anche il fenomeno del pentitismo - mi sembra doveroso fare alcune segnalazioni dal punto di vista processuale.

La misura cautelare della detenzione in carcere è prevista dal codice di procedura penale per reati particolarmente gravi. Infatti, in conformità ai principi di gradualità, proporzionalità, personalizzazione delle misure cautelari, la custodia in carcere rappresenta la misura maggiormente limitativa della libertà personale e, pertanto, costituisce la extrema ratio, applicabile soltanto quando ogni altra misura si riveli inidonea alla salvaguardia delle esigenze cautelari. Queste dovrebbero attuarsi solo quando vi sorgano pericoli per lo svolgersi del procedimento penale, l'esecuzione della sentenza, il pericolo che si aggravino le conseguenze del reato, ovvero pericoli di fuga o di inquinamento delle prove.

Credo che nei confronti di Del Turco si stia perpetuando un abuso.
Innanzitutto l'ascrizione del reato di concussione mi sembra solo un modo per rendere possibile la carcerazione preventiva. I fatti ascritti al Del Turco mi sembra configurare piuttosto una corruzione per atti d'ufficio punibile con la pena nel massimo a tre anni e dunque non suscettibile di misura cautelare in carcere.
Inoltre in un sistema costituzionale come il nostro dove la presunzione di innocenza dell'articolo 27 della Costituzione impone che le misure cautelari non abbiano funzione anticipratice della pena e per cui prevede casi molto ristretti per l'applicazione di queste mi sembra che siamo ripiombati negli anni del sistema ambrosiano-inquisitorio dove l'imputato non è assistito dalla presunzione di innocenza e può essere trattato come se fosse colpevole ancora prima della sentenza e dove è prevista un'unica misura cautelare, quella in carcere. Mi chiedo se in questo caso non sarebbe stato più idonea un'altra misura cautelare che è quella dell'interdizione temporanea dal pubblico ufficio.

Inoltre - aspetto molto più grave - il Presidente Del Turco è sottoposto alla misura cautelare del carcere in regime molto simile a quello dell'articolo 41bis dell'ordinamento giudiziario (carcere duro) con isolamento notturno e diurno, con l'impossibilità di incontrare familiari e avvocati. In uno Stato dove Ciro Mazzarella esce di galera per prescrizione dei termini il Presidente Del Turco è sottoposto a regime di carcere duro.

Certo, se il fatto si reputasse vero, allora a seguito di sentenza definitiva la valutazione sull'uomo politico cambierebbe ed a seguito di rinvio a giudizio il PD dovrebbe compiere azioni concrete come chiedere la sospensione di Del Turco dalle organizzazioni del partito.

La notorietà del caso deve far riflettere sul calpestamento continuo dei nostri diritti costituzionali.
Se i requisiti di necessità e urgenza dei decreti legge non esistono più, se il presidente del consiglio diventa il "capo" dell'esecutivo, se si cancella l'obbligatorietà dell'azione penale, se il presunto innocente diventa presunto colpevole allora si dica ai cittadini che lo stato di diritto è stato sospeso, almeno finiremo di attaccarci alla Costituzione per la tutela dei nostri diritti.

venerdì 23 maggio 2008

A 16 ANNI DALLA TUA SCOMPARSA ANCORA GRAZIE

Giovanni Falcone (Palermo, 18 maggio 1939 – Palermo, 23 maggio 1992)



mercoledì 21 maggio 2008

La lotta alla droga è lotta alle mafie

Il dossier Eurispes pubblicato oggi (vedi Corsera) ci deve far riflettere molto.

La ‘ndrangheta fatturerebbe circa 44 mld di € l’anno, una percentuale pari al 2,9% del PIL. Facendo un raffronto con paese dell’Unione Europea il proprio fatturato sarebbe pari a quello di paesi emergenti come Estonia e Slovenia e il 62% di questo dato economico sarebbe rappresentato dal mercato della droga. Secondo l'Eurispes la 'ndrangheta in questo campo si comporta come le migliori aziende: ottimizzando sforzi e rischi ha diminuito il costo degli approvvigionamenti della droga, in particolare della cocaina dal Sudamerica, eliminando gli intermediari tramite il contatto diretto con i cartelli colombiani.

A fronte di questi dati al momento monopolista del mercato risulta essere la mafia, con forte rilevanza della ‘ndrangheta calabrese.
Si sente parlare spesso di liberalizzazione delle droghe. I sostenitori di questa tesi adducono che eliminare il proibizionismo in materia vorrebbe dire: a) togliere fondi alla criminalità organizzata; b) si eliminerebbero buona parte dei problemi sociali connessi al proibizionismo quali galera, famiglie divise, vagabondaggio, prostituzione; c) il proibizionismo non ha raggiunto i suoi scopi anzi gli standard morali sarebbero in declino; d) i problemi sanitari connessi all’uso della droga sarebbero di poco conto (fonte).
Non ci sentiamo di fare delle constatazioni di principio, ma fare una valutazione dal punto di vista puramente economico.

Nel malagurato caso in cui si dovesse procedere ad una legalizzazione la ‘ndrangheta si troverebbe sul mercato in posizione dominante rispetto a chiunque altro operatore. Arriveremmo, dunque, al paradosso secondo cui anziché legalizzare le droghe (per tutti i motivi su esposti) ci troveremmo a legalizzare la criminalità organizzata. Le analisi economiche ci spiegano che a seguito di liberalizzazione del mercato il monopolista precedente mantiene la sua posizione dominante sul mercato per diverso tempo, e già questo avviene quando l’ex monopolista cammina nella legalità, se a questo associamo il modus operandi mafioso ci si renderà conto che il regime di monopolio potrebbe continuare.

Una soluzione al problema mafioso sarebbe, perciò, una dura lotta sul fronte della droga, fermo rimanendo il fatto che visti i dati sempre in crescita relativi al consumo di droga, in specialmodo tra i giovani, le soluzioni attuate in questi decenni in materia di proibizionismo risultano essere sbagliate.

La ‘ndrangheta, non essendo una organizzazione criminale verticistica come Cosa Nostra, non può essere sconfitta con i soli strumenti utilizzati per la lotta ad altre criminalità organizzate. Bisogna togliere i fondi. Bisogna spiegare ai giovani che usare la droga è sbagliato, non solo per gli effetti deleteri sulla salute, perché in questo modo si aiuta la criminalità organizzata. La stessa campagna contro il pagamento del racket deve essere portata allo stesso modo nel campo della droga. Bisogna far entrare nella testa delle vittime che non ribellandosi al fenomeno si diventa complici, ma questo non si fa attraverso . Bisogna combattere soprattutto il circuito mass-mediatico che mitizza l’uso delle droghe a tutte le età. I mass-media mitizzano il prodotto, un po’ come i cowboy fumatori del secondo dopoguerra.

Certo se poi alcuni nostri rappresentanti parlamentari si fanno trovare con il naso “incipriato” al ministero, o a feste a base di cocaina... beh il cammino è molto lungo e in salita.

lunedì 19 maggio 2008

Sicurezza e mancato esercizio del potere governativo

Le critiche piombate sul nostro Paese, e non solo sul Governo, dalla Spagna sull’ondata xenofoba degli ultimi mesi, sono il risultato di 15 anni di mancato esercizio del potere governativo.
Lo Stato Italiano, per motivi contingenti, si è comportato per 15 anni come quei genitori irresponsabili che nei confronti dei primi problemi adolescenziali del proprio figlio – le prime canne, qualche scazzottata, le prime ubriacature – fanno spallucce, magari perché oberati da altri impegni dicendo: “So’ ragazzi”. Così nel momento in cui l’adolescente diventerà – purtroppo a volte capita come ci dicono le cronache - un giovane adulto senza valori o un «microcriminale» e sarà necessario rispondere con maggiore fermezza nasceranno gli attriti, i contrasti, gli odi, e sarà dura ritornare sul giusto binario.
Negli ultimi anni il problema dell’immigrazione clandestina è stato avvertito in tutti i paesi oggetti a flusso di migrazione in entrata. Tutti i nostri partner internazionali (dagli Stati Uniti alla Germania, dalla Francia alla Gran Bretagna, dal Belgio alla Spagna) hanno dovuto fare i conti con questa grave questione risolta con l’emanazione di normative più o meno dure in tempi brevi, anche in seguito ad atti gravi di xenofobia diffusa duramente repressa.
Purtroppo il nostro Paese dà l’idea di non essere governato. Un esempio su tutti. All’indomani dell’omicidio della sig.ra Reggiani a Tor di Quinto (dove le disfunzioni rimangono ancora tutte n.d.r.) sembrava volerci essere da parte delle istituzioni una risposta chiara e netta al problema sicurezza (che in Italia è diventato problema immigrazione n.d.r.). La redazione del c.d. pacchetto sicurezza serviva a dare ossigeno al governo a fronte della decretazione d’urgenza in quanto quest’ultima soluzione, seppur più appropriata non avrebbe trovato basi solide nel momento della conversione in legge per l’avversità dell’ala massimalista (e conservatrice) della sinistra. La caduta del governo Prodi ha portato con sé anche il Parlamento ed ha comportato la decadenza del pacchetto sicurezza.
Sintetizzando, quindi: ad un’avvertita necessità di soluzione rapida della questione da parte dei cittadini lo Stato non ha prodotto nulla di concreto.
Se è vero che i cittadini misurano e valutano le fasi politiche in base alla risoluzione dei loro problemi ed all’attenzione rivolta alle loro esigenze allora non deve meravigliare il successo della Lega Nord (movimento territoriale che sta in mezzo alla gente seppur dando spesso soluzioni populiste che rasentano il razzismo), e le aberrazioni illegali o criminali del nuovo fenomeno di ronde di cittadini o dei roghi nei campi ROM.
Visto che la situazione della sicurezza connessa all’immigrazione clandestina è stata risolta negli altri paesi europei il nostro paese dovrebbe trovare un terreno più pianeggiante per la risoluzione del problema. Bisogna individuare la situazione più adatta e attuarla nel più breve tempo possibile.
Purtroppo il nostro paese non ha le possibilità economico-finanziare per approvare, insieme ad un rafforzamento delle misure di polizia contro l’immigrazione clandestina (di controllo e non di repressione), formule che incentivino anche il ritorno in patria attraverso il pagamento dell'intero montante di disoccupazione come dall’ultima proposta spagnola in materia.
L’unica speranza che ci resta è che in questo nuovo clima di pacificazione politica e di legittimazione dell’avversario lo Stato inizi a fare lo Stato.
Innanzitutto il problema della sicurezza connesso all’immigrazione clandestina si risolve applicando e rendendo esecutive le norme già presenti nel nostro ordinamento giuridico, penale e amministrativo. Soprattutto continuando nella lotta alla criminalità organizzata «italiana» che nell’immigrazione clandestina trova nuova manodopera per avvolgere i propri tentacoli sul paese. Ed ancora bisogna affrontare il problema di assetto e di riqualificazione delle periferie italiane, posti in cui è impossibile crescere fuori dalla devianza, soprattutto nel meridione.
Rispondere, come ha fatto il ministro La Russa nei giorni passati, che «contro i clandestini «bisogna costruire 10 nuove caserme che potranno essere presto impiegate come centri di prima accoglienza di clandestini in attesa di identificazione» serve solo ad acuire un clima sociale che nel nostro paese -quello reale e non quello falso disegnato da politici, analisti e comici – rasenta davvero i margini della xenofobia.
La risposta dello Stato deve essere quella della decisione, della fermezza e della riorganizzazione.
Bisogna rimettere mano al nostro sistema politico-istituzionale, devolvendo alle Regioni ed agli Enti Locali i compiti che non devono necessariamente appartenere allo Stato. In un paese moderno lo Stato centrale deve avere potestà enumerate e chiare su poche materia di alta valenza politico-amministrativo (politica estera, immigrazione, sicurezza, previdenza, giustizia, grandi infrastrutture, salute, ricerca scientifica, economia) demandando poteri e responsabilità sugli enti territoriali nella altre materia mantenendo un potere di indirizzo in alcune particolarissime materie.
Ma un governo che deve fare fronte ai debiti dell’Alitalia, ai problemi Rai, alle nomine nei vari Cda e primari ospedalieri, ai posti di Governo e Sottogoverno non può rispondere ai problemi sicurezza, rifiuti, energia, ambiente, infrastrutture.
A parte l’ironia adesso è necessario che lo Stato venga governato e responsabilmente. E’ necessario che la politica faccia la politica, la quale non deve seguire la piazza sulla ventata xenofoba che vede in qualsiasi straniero un criminale.
A seguito delle elezioni politiche gli italiani hanno consegnato alle forze politiche un sistema semplificato con una forte maggioranza ed una chiara opposizione dialogante e propositiva. Adesso è compito della politica, rialzarsi e dare risposte concrete e immediate ai problemi del Paese.